La celebre “Ninna nanna della guerra” di Trilussa apparve sui giornali italiani nell’ottobre del 1914, quando già le cronache iniziavano a riferire dei primi massacri nelle trincee. Il poeta romano affilò la penna rispondendo all’abominio con il tono dolceamaro della satira. Così scrisse la più acuta rappresentazione dell’ipocrisia della guerra.
La ninna nanna della guerra
Ninna nanna, nanna ninna,
il bambino vuole la tetta:
dormi, dormi, tesoro bello,
Ninna nanna, prendi sonno
ché se dormi non vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedono nel mondo
fra le spade ed i fucili
dei popoli civili.
Ninna nanna, tu non senti
i sospiri ed i lamenti
della gente che si scanna
per un matto che comanda;
che si scanna e che si ammazza
a vantaggio della razza
o a vantaggio di una fede
per un Dio che non si vede,
ma che serve da pretesto
al Sovrano macellaio.
Perché quel covo di assassini
che ci insanguina la terra
sa benissimo che la guerra
è un gran giro di quattrini
che prepara le risorse
per i ladri delle Borse.
Fai la ninna, tesoro bello,
finché dura questo macello:
fai la ninna, ché domani
rivedremo i sovrani
che si scambiano la stima,
buoni amici come prima.
Sono cugini e fra parenti
non si fanno complimenti:
saranno ancora più cordiali
i rapporti personali.
E riuniti tra di loro,senza l’ombra di un rimorso,
ci faranno un bel discorso
sulla Pace e sul Lavoro
per quel popolo coglione
risparmiato dal cannone!
GUERRA
Mi sono sempre chiesto e oggi ancora di più come sia possibile uscire indenni dal moltiplicarsi delle crisi e delle guerre nel mondo. Secondo il Crisis Group (L’International Crisis Group è un’organizzazione indipendente che lavora per prevenire le guerre e definire politiche che costruiranno un mondo più pacifico) il numero dei conflitti in corso o potenziali ha raggiunto la preoccupante soglia di 55, di cui almeno dieci sono già definibili come guerra o scontro armato. Ad aggravare questo stato di cose si calcola che il 90% delle vittime sia di incolpevoli civili. Insomma, siamo davvero nel pieno di quella che Papa Bergoglio ha definito come Terza guerra mondiale a pezzi.
Quello che più impressiona è che gli sforzi diplomatici, quando ci sono, non riescono davvero a portare ad una soluzione degli scontri in atto. Solo a seguito di grandi sforzi si ottengono piccoli, anche se importanti, risultati nel campo degli interventi umanitari, come un limitato scambio di prigionieri, la distribuzione temporanea di cibo e medicinali o, come nel caso russo-ucraino, il passaggio nel Mar Nero di navi per portare il grano nei paesi più poveri. Ma la politica non riesce a spingersi oltre. Molti, troppi, leader nazionali preferiscono ricorrere all’uso delle armi per far prevalere i propri interessi, le proprie ideologie, la loro religione.
Qualche accenno alla storia e lo sviluppo dei conflitti dal Secondo dopoguerra
Non che nel passato, dopo la Seconda guerra mondiale, non si siano manifestati conflitti in molte parti del mondo (basti pensare al Vietnam o alla Corea oppure la crisi Cubana), ma in un modo o nell’altro si riusciva ad arrivare ad un cessate il fuoco e ad un successivo accordo. Vi è stato poi un periodo, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, durante il quale il numero delle guerre è notevolmente calato. Questa fortunata pausa è durata però solo una decina di anni, fino al 2001, con l’attacco terroristico alle due torri e le conseguenti, sproporzionate reazioni di Washington con la guerra in Afghanistan e la successiva, ancora più disgraziata, contro l’Iraq. Sono poi seguite, nel 2011, le cosiddette primavere arabe, che hanno dato origine a rivoluzioni civili in Libia, Egitto, Siria e Yemen.
Da allora è stato un moltiplicarsi di crisi, oppure lo scontro di civiltà. Si spiegano con ciò le lunghe stagioni del terrorismo mediorientale, da Al Qaeda all’Isis, tutte dirette contro l’Occidente cristiano. Oggi questo scenario di confronto culturale/religioso si riproduce con inaudita violenza fra Hamas e Israele e rischia di propagarsi in tutta la regione, pensiamo oggi anche all’Iran, al Libano per non parlare dello Yemen e con mezzo mondo incapace di trovare una via d’uscita da questa tragedia.
Vi sono diverse ragioni dietro questa impotenza a esercitare un grande e collettivo sforzo per far cessare i conflitti che vanno dall’Ucraina al Medioriente, dal Sudan all’Etiopia, dall’Azerbaijan all’Armenia, per citare quelli più trattati dai mass media. La prima essenziale ragione è che l’organismo deputato per le mediazioni e le soluzioni ai conflitti ha clamorosamente fallito. Le Nazioni Unite, nate a San Francisco nel 1945, non sono mai state in grado di imporre le decisioni necessarie. Neppure ai tempi del confronto ideologico/politico fra Usa e Urss sono riuscite ad entrare nei giochi delle due superpotenze. Solo dall’accordo bipolare fra Washington e Mosca potevano nascere accordi di pacificazione.
Con la scomparsa dell’Urss è toccato all’America erigersi a “Leader decisionale” del mondo: purtroppo spesso condizionata, da scelte economiche ed enormi errori di valutazione di consiglieri e della CIA, e dalle lobby delle armi che ha finito per indebolire Washington, come è stato clamorosamente confermato dalla rovinosa uscita dall’Afghanistan dei Talebani. Uno stato di fatto che è anche all’origine della decisione di Vladimir Putin di aggredire l’Ucraina allo scopo di ribadire che la Russia conta ancora e che la sua influenza si estende al di là dei confini nazionali, specialmente per quanto riguarda i confini, ma anche per interessi economici, es. nel Donbass vedi le proprietà del sottosuolo come carbone, gas e “oro bianco” litio, fondamentale per le batterie delle auto elettriche e la transizione digitale.
Solo che oggi non è possibile ristabilire il vecchio equilibrio fra l’America e la Russia. Il pollaio dei conflitti odierni è infatti affollato di ben altri galli, a cominciare dalla grande e potente Cina, che si è di fatto sostituita alla vecchia Urss nella competizione con Washington. Ma accanto a Pechino sono nati numerosi altri attori che i politologi odierni hanno collocato nel cosiddetto Global South: dalla emergente India al Brasile, dall’Iran all’Arabia Saudita, dalla Turchia al Sud Africa. Quest’ultimo ha addirittura portato Israele di fronte alla Corte Penale Internazionale con l’accusa di genocidio. Anche se poi la sentenza della Corte mantiene tutte le ambiguità di questa guerra con la richiesta ad Israele di evitare atti di genocidio, ma non gli impone di interrompere le azioni militari. Tremende per conseguenze sempre sulle popolazioni civili (Ucraine, Palestinesi, Etiopi, Sudanesi ecc. che ci rendono tutti sempre più drammaticamente anestetizzati di fronte alle foto e ai servizi televisivi, ove vieni traumatizzato dal dolore, dalla fame, dalla tragedia, dalla morte
L’unico punto di speranza per evitare lo scoppio di un terzo conflitto mondiale è che l’interesse delle grandi potenze – Usa, Cina e magari Russia – sia quello di non trascinare le situazioni di tensione fino ad uno scontro diretto fra di loro. Il rischio è però quello di perdere il controllo della situazione e di arrivare alla soglia di un possibile incidente che finisca per condurci a conseguenze fatali. È quindi è più che mai necessario ritornare a rifondare un diverso sistema multilaterale che si basi su meccanismi efficaci e democratici di gestione delle crisi, togliendo di torno quell’antistorico diritto di veto che blocca ogni decisione dell’Onu, rendendola fin dalla sua nascita una scatola vuota.
Finalmente ri – conoscendo il problema, dando un senso ad una organizzazione mondiale. Possibile che dopo 110 anni dalla poesia dolce amara del Poeta Trilussa, non siamo ancora riusciti a dare la giusta e fondamentale importanza alla VITA.
Marco vom Bruck
Last Updated on 4 | Luglio | 2024