C’era una volta un ragazzo che non ricordava più il suo nome, un ragazzo che aveva smarrito se stesso. Questo ragazzo aveva fatto una vita di eccessi e di strafoghi tra alcol, droga, farmaci e spericolatezze in tutto e per tutto, tentando più volte di affiancarsi a qualcuno per chiedere aiuto, inconsapevole del fatto che non doveva pretenderlo, ma solo accettarlo così come gli veniva offerto.
Tentava di riprendere la propria vita in mano ma con scarsi risultati, ricadendo ogni volta nelle stesse tentazioni.
C’era una volta un ragazzo che non si stava accorgendo di crescere e trascinava nell’oblio la sua vita e quella dei suoi cari senza darle il giusto valore e non considerando il fatto che di vita ce n’è una sola. Anche quando si è trovato davanti a notizie di persone conoscenti che venivano a mancare, chi per infarto, chi per overdose, chi per incidente stradale perché ubriaco e così via dicendo, pensava sempre che a lui non sarebbe mai capitato e così continuava a disfarsi, non curante delle conseguenze che per 12 anni lo hanno catapultato da una parte all’altra, tra carcere, droga e comunità.
C’è, adesso, Federico, un uomo, diventato tale dopo l’ennesima sconfitta personale.
Uomo: una parola con un significato così grande da essere difficile darle una definizione.
Un uomo è colui che si prende delle responsabilità e le porta avanti nel miglior modo in suo possesso, con il cuore e con la testa. Adesso si riconosce tale, con le sue paure e debolezze ma anche d’altra parte con la forza di rinascere, ancora, come una fenice dalle proprie ceneri. Adesso conosce a fondo i propri sbagli e sa cosa vuole e cosa non vuole dalla vita, dalle proprie scelte.
Adesso ha un obiettivo, sano e vuole parlare anche di se, dell’ultima delusione e di cosa ci sta tirando fuori, di buono.
Troppe volte ho rischiato di morire. Troppe volte mi è andata bene. Non è detto che non mi piaccia vivere, ma in quei momenti pensi che a te non succederà mai, invece proprio quando la pensi in questo modo è la volta buona che dici “ciaone”!.
Anche questa volta, dopo tutte le altre volte che sono rientrato al Gruppo Valdinievole, ho dovuto sorpassare ogni limite e ritrovarmi nel burrone, senza appigli per risalire da solo. Superando il limite per l’ennesima volta, le scelte erano o morire o affidarmi all’aiuto di qualcuno.
Quel qualcuno, non in secondo luogo i familiari, è stato ancora una volta il Gruppo Valdinievole ed i suoi operatori che, grazie al Presidente Riccardo Aiello (già mio amico di adolescenza) mi ha accolto ancora una volta nel percorso riabilitativo della comunità.
La scelta è stata voluta.
La scelta è stata da me imposta.
Ancora una volta avevo perso me stesso.
Ancora una volta ero solo.
Ancora una volta mi arrampicavo sugli specchi, raccontandomela, prendendo in giro me stesso…ancora.
I barlumi di luce mi hanno dato speranza, alcune storie brevi con ragazze appena conosciute e dimenticate la sera dopo, qualche aneddoto da raccontare a persone sole sedute in terrazza Mascagni a cui senza il minimo sforzo riuscivo a farmi consegnare qualche euro o qualche sigaretta oppure anche una pizza e se andava bene anche tutte e tre le cose insieme. Capitava tutte le sere ma per essere effervescente assumevo la mia dose serale di due litri di alcol, oltre ai tre del giorno.
Ogni giorno così, ogni sera così.
Durante le ore notturne, prima di coricarmi sulla panchina o dentro qualche palazzo, ripulivo i giardini davanti alla terrazza Mascagni, portando via sacchi qualche sacco di spazzatura lasciato dalla gente durante la giornata. Le lasciavo davanti alla fermata dell’autobus e la mattina i netturbini le trovavano già pronte da portare via. Avevano l’abitudine di svegliarmi, se dormivo, cosi da offrirmi una colazione o un pacchetto di tabacco, ma non mi davano mai soldi contanti in mano. Alcuni di loro si sono pure offerti di darmi appuntamento per la sera e offrirmi la cena. Ancora tutt’ora li ringrazio. Quando per caso conobbi una ragazza seduta in terrazza che mi dava un volantino, rimasi affascinato dal suo modo di porsi, cosi simpatica e travolgente sembrando una PR di una discoteca, invece mi stava dando un volantino degli Evangelisti. Io le sorrisi e mi fermai ad ascoltarla.
Non avevo di meglio da fare…
Notai a prima impressione che era una ragazza sprizzante, lucida e sincera; spiegava il motivo per cui avrei dovuto seguire la parola di Dio. In un modo o nell’altro mi fece avvicinare al furgone degli evangelici, parcheggiato a bordo strada, così che mi regalarono un caffè e vari libri inerenti all’argomento Dio. Mi coinvolsero anche nei tre giorni seguenti. Fissammo un appuntamento e ci portai anche mio padre, felice di accompagnarmi. Io avevo già bevuto, ma non ero ancora ubriaco.
Parlando chiesi se avevano disponibilità ad inserirmi in una loro comunità, visto che negli ultimi due anni avevo cercato invano di trovarne una da solo. Neanche con l’aiuto del Ser.D. ci ero riuscito, quindi qualsiasi scelta mi sarebbe andata bene perché non volevo rientrare per l’ennesima volta nel Gruppo Valdinievole. Per quanto io cercavo di sfuggire al mio destino sapevo dentro di me che il G.V. era l’unica soluzione ed anche se non lo ammettevo e ci giravo intorno sapevo che era l’unica comunità a darmi il supporto di cui avevo ed ho bisogno. Gli Evangelici mi pagarono il biglietto del treno per Mantova e la mattina dopo partì.
Arrivato a Milano mi accorsi di avere lasciato sul treno una valigia, quella con il contenuto meno importante. Uscì dalla stazione centrale di Milano ed un ragazzo mi offrì un menù completo da McDonald’s dove smarrì anche l’altra valigia. Presi la tramvia e il treno arrivando a Lodi, per colpa di scioperi e ritardi, arrivando così a Pisa e poi a Livorno in mattinata e mi trovai di nuovo in Terrazza con gli Evangelici e mio padre che mi ordinò di salire in macchina per accompagnarmi alla comunità.
Non sto a dilungarmi su cosa è accaduto durante il viaggio e quando arrivammo, oramai era sera, ed io straubriaco. Vidi che era presente anche mia madre con una sua amica, Susanna, perché mia madre era andata a trovarla per passare qualche giorno insieme a lei a Mantova.
Mi accolse un ragazzo di nome Rudy, il Pastore, e mi accompagnò in camera. Dormì fino al giorno seguente e stranamente mi svegliai lucido. Sono stato li venti giorni, senza sigarette ne alcol ovviamente. Dopo questi giorni, la voglia di fumare sigarette soprattutto ma anche la voglia di bere hanno vinto. Tornai a Livorno alla sera dove lasciai l’altra valigia alla stazione centrale. Andai in centro a comprare da bere e quando tornai alla stazione, la valigia non c’era più.
Non ne feci una tragedia e girovagai per Livorno. La mattina dopo mi svegliai all’ospedale. 4.94 i valori di alcol nel corpo, coma etilico.
Ricordo vagamente cosa accadde quella notte. Ricordo poi che all’ospedale, mangiai e me ne andai verso casa non prima di avere comprato da bere. Altro giro altra corsa. Dopo due giorni, il secondo coma etilico. Menomale che fu mia madre o mio padre a trovarmi e a chiamare l’ambulanza, magari sarei potuto morire. Altro giorno in ospedale.
Non ricordo che giorno era, so solo che il 10 ottobre del 2023 mio padre ed il marito di mia madre mi hanno accompagnato in Cooperativa. Mia madre non volle accompagnarmi, stavolta.
L’accoglienza è stata molto rincuorante perché vidi Riccardo ed altre persone, che già conoscevo, quindi mi sono imposto di dover restare.
Ad oggi che sono passati sette mesi dal mio rientro, ho la consapevolezza di essere nel posto giusto e di avere la voglia di restare al G.V. per smettere quella vita di merda in cui ero ricaduto.
Credo che il peso “della fatica” si senta quando facciamo cose imposte senza il nostro volere, senza la nostra convinzione.
Altresì credo però anche che un altro tipo di “fatica”, data dal sacrificio, dal buon senso, dal sano egoismo e dai due valori più importanti, cioè non far star male le persone che ci amano e soprattutto la voglia di uscire da tunnel, che ci porta a lottare ogni giorno senza sentirne il peso.
Come per rimbalzo le notizie qua al G.V. le sappiamo appena accadono e solo in questi sette mesi sono venute a mancare quattro persone di cui tre a me care. Il mio umile punto di vista non può cambiare la vita di tutti ma spero che faccia riflettere qualcuno a decidere di prendere la via giusta.
Decidere di dire basta ad uno stile di vita logorroico e dilaniante per riavvicinarsi e riavvicinare le persone più care, viene quando le hai passate tutte e sei pieno, talmente pieno che strabordi come un vaso.
Fatto sta che nel provarle tutte serve anche tanta fortuna per restare vivi o per lo meno per sopravvivere in quel modo.
Sicuramente so che continuando a fare una vita così disastrata senza arte ne parte, ci lascio la vita.
Non ho mai pensato di volere morire e ne tanto meno togliermi la vita. Mi piace la vita, questo unico grande dono ed amo vivere. Viva la vita!
La mia determinazione è data dal fatto che NON VOGLIO MORIRE COSI’!
Federico (Maggio 2024)
Last Updated on 24 | Settembre | 2024